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Ho ripreso a giocare a Magic dopo quasi vent’anni

Ci giocavo un sacco, da giovane: ho conosciuto alcuni dei miei più cari amici, incluso il mio testimone di nozze, perché giocavano, e al liceo passavo un sacco di pomeriggi a giocare in un negozio qua vicino o, nei pomeriggi più seri, da Avalon in via Settembrini, con lo spauracchio della mia prof di greco che abitava lì di fronte.

Poi all’università ho smesso e svenduto tutte le carte che avevo comprato in anni e anni di paghette, comprese la Mox e la Library of Alexandria, e non ho praticamente più giocato, se non un paio di volte e con carte non mie.

Ho perso del tutto il contatto con l’evoluzione del gioco negli ultimi anni, salvo giusto questo pezzo meraviglioso che spiega come le identità di ciascun colore del gioco e dei rapporti tra ciascuno descrivano molto bene diversi tipi di personalità e di visione del mondo, che è scritto benissimo più che altro perché dice che il colore che ho sempre giocato e in cui mi sono sempre riconosciuto più degli altri rispecchia alla perfezione la mia, di visione del mondo. (Non dirò che colore è, ma è abbastanza ovvio)

L’anno scorso, un mio collega a Londra giocava ogni settimana; una sera ci siamo fermati in ufficio a giocare e gli ho dato discrete pettinate giocando con qualunque dei suoi mazzi, per cui mi sono convinto che pur avendo perso contatto col gioco da anni qualcosina me lo ricordavo ancora.

Poi, di recente è uscita la versione per Mac di MTG Arena, l’applicazione “lite” e free to play, sorella minore di MTG Online, che permette di giocare solo un paio dei duecentocinquanta formati diversi che sono nati negli anni, e mi son detto “vabbè dai vediamo com’è”.

Una settimanina buona dopo, senza aver speso un euro, ho un mazzo di cui vado molto fiero e con cui spacco discretamente i culi in giro per l’Internet ogni sera dopo che il Filo dorme.

Ma com’è, Magic, a vent’anni buoni dall’ultima volta che ci ho giocato sul serio?

È diversissimo: si vede che negli anni sono passati i vari Hearthstone, Yu-Gi-Oh, Pokemon e quant’altro e il gioco è diventato molto più veloce: le partite si esauriscono nel giro di sei-sette turni, che significa che adesso ogni minimo errore può costarti la partita e bisogna prestare molta più attenzione, in fase di deckbuilding, a bilanciare la velocità, perché perdere uno o due turni all’inizio è quasi impossibile da recuperare.

È, purtroppo, anche molto più monotono, almeno nei formati disponibili su Arena che permettono di giocare solo con gli ultimi set usciti e, quindi, con un pool di carte relativamente limitato: nonostante gli sforzi continui di WOTC per bannare le carte che usano in troppi, non credo di aver incontrato più di quattro-cinque tipi di mazzi competitivi diversi.

Ovviamente il mio non è riconducibile a nessuno di questi tipi, ma è il mio, che è una delle cose più belle di MTG: a volte vinco, contro i mazzi dominanti del momento, più spesso perdo, ma lo faccio giocando un mazzo che rappresenta il mio stile di gioco, come il Sassuolo di De Zerbi che gioca iperoffensivo ed elegantissimo in qualunque occasione, anche quando va a prendere goleade a destra e a manca, ma quando vince è una gioia per gli occhi.

È più bello adesso o allora, quindi, Magic? Secondo me era nettamente più bello allora, era più vario e c’erano molti più modi diversi di giocare nonostante, di fatto, ci fossero meno carte, ma è vero anche che allora avevo sedici anni, quindi era più bello un po’ tutto: adesso ha il grosso vantaggio che posso giocarci senza uscire di casa, e soprattutto, senza spenderci tutti i miei soldi.

Dovesse interessarvi prendere una sonora rumba dal mio mazzo stilosissimo, il mio nick su MTGA è ovviamente sempre lo stesso, sapete come trovarmi.