Andy Griffiths - Chiappe in fuga

Qui a casa Raibaz, io e il giovane lettore in erba siamo fan sfegatati di Andy Griffiths, lo sapete, e alla collezione ci mancava giusto questo, che a differenza degli altri ha un target un po’ più “adulto”, nel senso che non è un libro illustrato da leggere insieme ai primi anni di scuola primaria o in autonomia poco più in là, è proprio un romanzo “vero”, tutto scritto, senza illustrazioni se non all’inizio dei capitoli.

Ed è anche più “adulto” anche nei temi, ci sono persino delle parole da non dire tipo “culo”!

Insomma, è il classico libro che se lo leggi a 8 anni, con o senza papà di fianco, ti fa sentire più grande, uno che legge le cose serie: i professionisti del settore direbbero che è “aspirational”, per la fascia di età in cui è ora il Filo.

Nella primissima pagina, giusto per mettere le cose in chiaro, c’è una premessa per i grandi che dice letteralmente “se sei un genitore, o un insegnante, o anche solo un individuo maggiorenne, metti subito via questo libro!”: più aspirational e “ti voglio far sentire figo wink wink nudge nudge inside joke oh è una cosa segreta solo per noi” di così?

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Sì, ma com’è? Come se la cava il solitamente ottimo Andy fuori dalla sua comfort zone letteraria?

Se la cava alla grande, maledizione, è proprio bravo.

Parte dalla “solita” premessa assurda e completamente non sense alla Andy Griffiths: il sedere del protagonista scappa e lui lo insegue.

Ma poi la storia prende una piega distopica, perché il sedere in questione è a capo di un movimento di sederi sediziosi (badumm-tsss, non ho resistito) che sono stufi di essere trattati - letteralmente - come il culo e vogliono riprendere il controllo del mondo riarrangiando le persone, ossia prendendo il posto della testa sui rispettivi corpi.

La scena in cui viene raccontato il piano, con un riarrangiamento di un innocente in uno stadio, con una folla di sederi invasati, è discretamente dark e - rispetto all’Andy Griffiths della serie della casa sull’albero - pure piuttosto violenta: niente di eccessivo ovviamente, è comunque un libro per bambini, anche se un pochino più grandi, ma il messaggio è chiaramente “oh questa è una storia seria, succedono le cose pesanti, mica le cazzate da bambini in quegli altri libri, qui siamo tra adulti”.

Nel resto del libro il tono si alleggerisce e la storia è sostanzialmente un canonico viaggio dell’eroe sfigato con un party più esperto di lui, ma ci sono diversi elementi, appunto, che strizzano l’occhio al lettore e gli dicono “guarda che qui si fa sul serio”: la coprotagonista, a un certo punto, sospetta che uno dei compagni di viaggio sia in realtà un sedersimpatizzante e stia segretamente remando contro al party, e questo porta ovviamente a un colpo di scena anche piuttosto ben scritto (ho già detto che Andy è bravissimo e saprebbe scrivere bene pure un elenco del telefono?), ma soprattutto ti fornisce lo spunto per dire, quando finisci di leggere ed è ora di andare a letto, “oh secondo me lui non è veramente dalla parte dei sederi, ma io di quell’altro non mi fido mica, secondo me è lui invece”, che è una discussione post-lettura molto più “avanti” di quelle che facevamo con i libri precedenti.

Considerazioni sul livello del libro a parte, comunque, è esattamente come ci si aspetterebbe Andy Griffiths che scrive una storia di livello più alto: fa riderissimo a più riprese, è perfettamente coerente nel suo worldbuilding strampalato e assurdo (ci sono culi animati di ogni sorta e forma) e funziona benissimo pur essendo diverso dal solito, perché pur essendo diverso dal solito ha comunque uno stile e un senso dell’umorismo familiare per noi che di Andy abbiamo letto qualsiasi cosa.

Quattro stelle e mezza su cinque, ne leggerei volentieri altri così.