Gu Byeong-Mo - La pasticceria incantata

La letteratura coreana è interessante, come molta della produzione culturale coreana.

Ok l’invasione del K-pop, ok Squid Game, ma c’è roba interessante anche in ambito letterario: qualche tempo fa ho letto “L’Oro dei Naga” di Lee Yeongdo e ricordo di averlo trovato freschissimo e molto originale (e di essermi molto incazzato quando ho scoperto che era il primo di una serie e che gli altri non sono ancora stati tradotti).

In generale, per la mia generazione cresciuta con il fantasy occidentale e con gli anime giapponesi, la letteratura coreana ha temi, stili e tropi piuttosto esotici: anche quando alcuni di questi sono relativamente familiari, si percepisce comunque una leggera differenza nell’affrontarli che il più delle volte ti fa dire “però, che interessante”.

“L’Oro dei Naga” funziona tantissimo in questo senso, c’è il viaggio di un party di personaggi di razze diverse ma i rapporti tra di loro sono estremamente diversi, che ne so, da quelli del Signore degli Anelli.

Morale, “La Pasticceria Incantata” mi ha catturato tantissimo in libreria, vuoi per la copertina molto bella, vuoi per l’origine dell’autrice, vuoi per la questione della pasticceria che sembrava carina:

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Il problema di fondo, però, è che la premessa è molto carina e lo stile non è neanche niente male, ma manca quel frizzantino di originalità che mi aspettavo da un fantasy coreano: per dire, due dei temi principali del libro, ossia il protagonista in fuga da una vita difficile e da sé stesso che si rifugia in un negozio magico e poi un potere magico enorme che però ti mette a confronto con la responsabilità di scegliere cosa farne, sono letteralmente la stessa premessa di Video Girl Ai e il tema di fondo di Death Note.

Cioè, neanche due opere di nicchia, due dei manga/anime più famosi di sempre.

Solo che manca la poesia di Video Girl Ai (e grazie al cazzo, direte, visto che è una delle opere più poetiche mai viste e farebbe piangere pure i sassi) e la suspence di Death Note (altrettanto grazie al cazzo, è piaciuto tantissimo pure a me che odio i gialli e non conosco nessuno che non l’abbia apprezzato, almeno fino a quella cosa che succede a poche puntate dalla fine), e quindi si perde un po’: non è un brutto libro, intendiamoci, si lascia leggere molto volentieri, ma i punti in cui dici “ah, certo, come succede anche in X” sono un po’ troppi, soprattutto sono troppi per le aspettative che avevo, che invece erano all’opposto.

Carino, dai, non mi ci strappo i capelli ma ho letto anche di molto peggio, e poi ammettiamo anche che il confronto con il capolavoro che ho letto immediatamente prima sarebbe stato impietoso per chiunque.

Tre stelline su cinque, dai, una sufficienza piena.