Hye Young-Pyun - The Hole

Marco, a cui voglio bene e che si è meritato del credito di fiducia negli anni pur essendo interista, mi ha bellamente intortato con questo, scrivendo “mi piacerebbe un sacco avere il tuo parere su questo. È molto poco impegnativo”, e che fai, gli dici di no?

Alla fine mi piace uscire dalla mia comfort zone letteraria, quindi sebbene so che i miei gusti e i suoi hanno poca sovrapposizione, tipo che a lui piacciono i gialli e io, come sapete se siete lettori attenti, aborro qualunque sorta di investigazione, e a lui piacciono gli horror e io nella maggior parte dei casi mi chiedo “ma perché”, ho ceduto, facendo anche la buona azione: la biblioteca qui di fronte non ce l’ha, quindi l’ho persino comprato pensando “al limite se mi fa cagare lo dono alla biblioteca”.

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E insomma, com’è?

Allora, è effettivamente poco impegnativo, Marco l’ha letto in due giorni e io ci ho messo comunque meno di una settimana, è piuttosto breve, ma ciononostante secondo me è fin troppo lungo: la seconda metà, quando è chiaro che uno dei personaggi coinvolti è chiaramente evil e ha delle pessime intenzioni, insiste troppo a dirti “oh guarda che stronza questa e guarda quanto fa penare quel povero cristo, e guarda con che dovizia di particolari ti racconto il suo calvario”, per cui mi sono trascinato fino alla fine giusto perché sapevo che non mi mancava molto.

Il finale, inteso proprio come ultimo capitolo, ultime 3-4 pagine è in effetti bello, ricco di pathos (ce la fa? non ce la fa?) e con un mezzo colpo di scena proprio nell’ultima riga, però.

Però la fine effettiva del protagonista è comunque abbastanza telefonata e immaginabile da metà del libro, appunto da quando l’altro personaggio in questione si manifesta nella sua malvagità, e il colpo di scena dell’ultima riga è mezzo perché è descritto in maniera molto orientale, lasciato percepire più che spiegato, è più un “ma allora quindi mi stai dicendo che forse magari”, più che un “AHA!”: è una scelta stilistica, e spesso e volentieri la apprezzo piuttosto degli spiegoni canonici che ti trattano come un cretino a cui bisogna dire proprio tutto tutto per filo e per segno, ma qui mi ha dato proprio la sensazione di essere un affondo davvero troppo abbozzato, troppo timido.

Insomma, Marco io tvb e te ne voglio ancora perché mi consigli cose che normalmente non leggerei e mi fai scoprire cose nuove, ma il mio giudizio definitivo e inappellabile su questo libro è “fortuna che era corto”.

Due stelle su cinque.