“Ci son cascato di nuovo”, Achille Lauro style.
Evidentemente non scottato abbastanza da quella assoluta porcheria che ho provato, senza successo, a leggere di recente, mi sono fatto influenzare di nuovo dagli influencer del booktok e ho comprato un altro fantasy italiano, oltretutto dello stesso editore.
Forse sono recidivo, forse sono solo scemo, o forse sono molto ottimista e volevo provare a dare un’altra possibilità alla casa editrice e, in generale, alla letteratura di genere italiana, perché quell’altro là era veramente così atroce che non è fisicamente possibile che il fantasy italiano sia davvero tutto così pessimo.
La buona notizia è che non lo è, in effetti, ma quella cattiva è che non è neanche da strapparsi i capelli, per chi ce li ha.
La premessa del libro che ho da poco finito è mooooolto più di basso profilo: c’è un cuoco di un ristorante nel Chianti che si trova a uccidere un mostro, non sapendo come smaltirne la carcassa ne mette un po’ nei piatti che cucina e, sorpresa sorpresa, è buonissimo e ha un sacco di effetti collaterali assurdi.
Non ci sono divinità morenti, non ci sono piani narrativi incrociati, il mondo non è in pericolo nè ci sono particolari superpoteri: la posta in gioco dell’intero libro è molto bassa, il contesto è molto ristretto, l’orizzonte è piuttosto vicino.
È una storia “piccola” insomma, e ogni tanto è bello anche leggere storie così: non è che si possa sempre leggere di drammoni epici di ampissimo respiro, sono gradevoli anche le dimensioni più intime, almeno quando sono scritte bene e non sono dei romantasy da due soldi con molta hype e zero contenuto (“Legends & Lattes”, ce l’ho con te).
È una storia anche tutto sommato scritta bene: pur essendo così piccola, ambientata in un contesto con cui ho poco a che fare, con personaggi con cui ho poco in comune, soprattutto perchè appartengono a quella stirpe che, come sappiamo tutti, ha devastato questo paese e non fanno niente per nasconderlo, anzi, comunque ho divorato le quasi duecento pagine in pochissimo tempo, perché lo stile è estremamente scorrevole e accattivante.
Tutto bene quindi, io e la letteratura italiana, o quantomeno il fantasy italiani siamo tornati amici?
No dai, non esageriamo.
Ok, bel librino, ok ci sta di leggere qualcosa di meno epico una volta ogni tanto, però proprio il contesto così ridotto e il fatto che alla fine della fiera sia un libro con quattro personaggi lo rende davvero troppo piccolo: sembra un po’ una puntata di “Carabinieri”, o di qualunque altra fiction italiana, che cerca di fare X-files senza averne il budget.
Non aiuta che Nero, il protagonista, nella mia mente sia un Francesco Pannofino toscano, né aiutano le descrizioni dei paesaggi che ti danno chiaramente la sensazione di “fiction italiana scritta malissimo e recitata peggio ma signora mia che belli i borghetti della provincia italiana ce li abbiamo solo noi”.
Insomma, sono contento di sapere che il fantasy italiano non è solo errori grammaticali e pretenziosità ampollosa, sono contento di aver preso un po’ di respiro leggendo qualcosa di più leggero, ma adesso ho voglia di un drammone con i destini del mondo in bilico (e ce l’ho già pronto, ovviamente).
Due stelle e mezza su cinque che rappresentano in pieno la medietas democristiana del paese senza infamia e senza lode.