Andy Griffiths è bravissimo.
Livello di apprezzamento mio e del Filo per Andy Griffiths: abbiamo tutti i libri della serie della casa sull’albero e li abbiamo adorati, anche quelli che non sono ancora usciti in italiano e che abbiamo letto in traduzione simultanea del sottoscritto dall’inglese, e compreremmo a occhi chiusi qualunque cosa scrivesse.
(Abbiamo comprato ad occhi chiusi anche il libro “solista” di Terry Denton, il suo socio della casa sull’albero, e mi sento di dire che dei due quello bravo è Andy)
E infatti, quando ho visto in vetrina un suo libro nuovo, ambientato in un universo narrativo diverso da quello della casa sull’albero, non ho saputo resistere in nessun modo e dopo poco ne avevamo una copia.
Com’è andata, quindi, la nostra prima esperienza con Andy ma senza Terry e in un universo diverso, senza signor Nasone e senza tutti i personaggi senza senso della serie?
Molto bene per certi versi, meno bene per altri.
Iniziamo dal lato negativo: il gimmick del libro, pubblicizzato duro anche sulla copertina, è che “il protagonista sei tu!” e infatti i protagonisti del libro sono il narratore e il lettore, che insieme si imbarcano per un’avventura folle come quelle di Terry e Andy.
Ma Terry e Andy sono due personaggi ben definiti, con delle caratteristiche ben precise: Terry disegna e Andy non sa contare, per dirne due.
La voce narrante (che poi è ovviamente Andy stesso) e il lettore, invece, per forza di cose, sono personaggi molto più astratti e meno delineati, al punto che di fatto, nella trama, si limitano a fare qualche commento sterile ogni tanto, ma non fanno granché per farla progredire: e ci sta, perché qualunque azione netta avesse fatto il protagonista-lettore avrebbe rischiato di alienarsi una parte di lettori-lettori che avrebbero detto “ma quello non sono io, io non avrei mai fatto così”.
Morale, gimmick da rivedere: pare usciranno altri libri con lo stesso concetto e nello stesso universo narrativo, spero che riesca a raffinare un po’ il modo in cui rappresenta il protagonista-lettore.
Di contro, tanto i due protagonisti sono neutri e “vuoti”, quanto i comprimari sono FOLLI: Johnny Testadinocche è diventato immediatamente uno dei miei personaggi preferiti di sempre, soprattutto quando ho realizzato che c’è anche una componente persa nella traduzione legata al fatto che non solo ha letteralmente la testa a forma di mano, ma è anche un knucklehead nell’atteggiamento e nel modo di fare.
E pure il toro che cerca la sua pazienza perduta, l’orologio volante e il coniglio pirata sono i classici personaggi senza senso di Andy, che fanno obiettivamente scassare dal ridere, e la trama in sè in fondo non è neanche così banale: l’avventura dei due protagonisti li porta nel posto dove finiscono tutte le cose perdute, che raccontata da Andy Griffiths è ovviamente un tripudio di ilarità e del suo umorismo caratteristico, ma letta da me e dal Filo è anche un buon pretesto per dirgli “oh, sai che c’è un’altra storia famosa, moooooolto vecchia, in cui un tizio, Orlando, impazzisce malissimo perché la donna di cui è innamorato ama un altro, e allora un suo amico, Astolfo, prende un cavallo alato e va sulla luna, che è dove finiscono le cose perdute, e recupera il senno di Orlando e glielo riporta”.
E tutto sommato, per un libro così pieno di gag e che fa così tanto ridere, avere un gancio per far leggere al Filo quell’assoluto capolavoro di “Paperin Furioso” direi che è un ottimo risultato.
Quattro stelle su cinque.